Formazione senza confini: il potenziale dei progetti europei (anche per il rientro dei cervelli)

Maggio è stato il mese dell’Europa: la Giornata dell’Europa, il 9 maggio, è infatti l’anniversario della cosiddetta “Dichiarazione Schuman”, considerata l’atto fondativo dell’Unione Europea.

L’Europa è ancora troppo spesso percepita come un’istituzione lontana, un’entità astratta che non si riesce a sperimentare direttamente. In realtà è un sistema politico e organizzativo sì complesso, ma che al tempo stesso esprime diritti e opportunità concreti grazie a un progetto collettivo costruito negli anni.

Come ogni governo, anche l’Unione Europea ha obiettivi di tutela, sviluppo e crescita per i suoi cittadini, legiferando e mettendo a disposizione degli stati membri strumenti per rendere esecutivo quanto deciso dai loro rappresentanti.

Due esempi di realizzazione concreta degli obiettivi di sostegno e sviluppo alle persone, attraverso il lavoro e l’istruzione, sono il Fondo Sociale Europeo Plus e l’Erasmus+.

Il Fondo sociale europeo Plus (FSE+) è il principale strumento utilizzato per investire nelle persone e sostenere l’attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali. L’FSE+ fornisce un contributo molto importante alle politiche in materia di occupazione, affari sociali, istruzione e competenze, comprese le riforme strutturali in questi settori. Con un bilancio complessivo di 142,7 miliardi di euro per il periodo 2021-2027, costituisce uno dei pilastri della ripresa socioeconomica dell’UE dalla pandemia di coronavirus, che ha pesantemente influito sui progressi compiuti dal mercato del lavoro rendendo più difficile l’accesso, aumentando le disuguaglianze e mettendo a dura prova anche i sistemi scolastici e sanitari.

Erasmus+ è invece il programma dell’UE per l’istruzione, la formazione, la gioventù e lo sport in Europa, il cui bilancio è stimato a 26,2 miliardi di euro. Il programma 2021-2027 pone un forte accento sull’inclusione sociale, sulla transizione verde e digitale e sulla promozione della partecipazione dei giovani alla vita democratica. Sostiene le attività stabilite nello spazio europeo dell’istruzione, nel piano d’azione per l’istruzione digitale e nella nuova agenda per le competenze per l’Europa, ma anche il pilastro europeo dei diritti sociali e la strategia dell’UE per la gioventù 2019-2027.

I legami tra Paesi, idee e competenze sono infatti il motore di una crescita condivisa: IFOA ne è un esempio concreto, dando vita ogni anno a progetti internazionali finanziati da programmi europei, che nel 2024 hanno coinvolto 154 partner.

Uno degli ultimi programmi realizzati attraverso Erasmus+ è Entrecomp4Transition, appena concluso dopo tre anni dal lancio, coinvolgendo oltre 850 persone e organizzazioni in 5 paesi nello sviluppo di approcci innovativi all’insegnamento e nel potenziamento delle competenze imprenditoriali.

Formazione professionale e progetti europei: un binomio che funziona

Nei progetti europei come Entrecomp4Transition non c’è solo l’opportunità di collaborare con partner di altri Paesi, ma anche condividere esperienze e best practices per immaginare e testare modelli innovativi di formazione, capaci di rispondere alle sfide del presente: la doppia transizione verde e digitale, la necessità di nuove competenze imprenditoriali, l’inclusione lavorativa di categorie fragili.

Secondo la Relazione Annuale Erasmus+ 2023 della Commissione Europea, dalla sua creazione nel 1987 il programma Erasmus+ ha permesso a 15,1 milioni di persone di vivere esperienze di studio, volontariato e lavoro all’estero, coinvolgendo solo nel 2023 oltre 1,2 milioni di studenti, insegnanti, formatori, giovani e operatori sportivi.

I progetti europei nell’ambito della formazione professionale o VET (Vocational and Educational Training) come Entrecomp4Transition, seppur meno conosciuti rispetto ai programmi di mobilità per studenti universitari, rappresentano una larga fetta del programma Erasmus+: solo nell’ambito VET, nel 2023 in Italia sono stati attivati 432 progetti di mobilità europea, che hanno coinvolto 1370 organizzazioni, e 82 programmi di cooperazione internazionale con 446 organizzazioni partecipanti.

Chi partecipa a questi progetti – come ente, come formatore, come giovane coinvolto – non torna mai indietro “uguale” a quando era partito. C’è un cambiamento che va oltre le competenze tecniche: riguarda la mentalità, l’apertura, la fiducia nel proprio potenziale.

Il 90% dei partecipanti a Erasmus VET ritiene che l’esperienza all’estero abbia reso il proprio curriculum più competitivo, aumentando le possibilità di trovare un impiego qualificato. Questo rivela che i progetti Erasmus+ possono contribuire alla crescita personale e professionale in momenti diversi del proprio percorso, rispondendo a esigenze differenti e favorendo l’occupabilità e lo sviluppo di competenze innovative.

Un’opportunità per il rientro dei cervelli?

Secondo il Rapporto annuale ISTAT 2025, negli ultimi dieci anni l’Italia ha assistito a un esodo significativo di giovani: tra il 2014 e il 2023, 367 mila giovani di età compresa tra i 25 e i 34 anni hanno lasciato il Paese, di cui quasi 146 mila laureati (39,7%). Solo 113 mila, di cui poco più di 49 mila laureati, sono rientrati, determinando un saldo migratorio negativo di circa 97mila laureati nel corso del decennio, un significativo deficit di capitale umano qualificato.

Ma forse anche l’altro lato della medaglia merita attenzione: quello di chi torna, arricchito da esperienze internazionali, pronto a investire le proprie competenze in Italia.

Secondo un recentissimo dossier della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, due giovani su tre considerano possibile un rientro in Italia dopo un’esperienza di lavoro all’estero, a patto che si creino condizioni più favorevoli per rientro: tra queste ci sono retribuzioni migliori (91%), il riconoscimento e la valorizzazione delle professionalità (78%) e una maggiore diffusione della cultura manageriale nelle imprese (42%).

I progetti di formazione e mobilità europea non risolvono da soli i problemi strutturali del mercato del lavoro italiano, ma possono agire su alcune leve fondamentali per contrastare la fuga dei cervelli. Ad esempio:

  • Offrono esperienze professionali qualificate all’estero da inserire nel CV;
  • Usano strumenti come Europass e Youthpass per certificare le competenze acquisite;
  • Creano reti internazionali che possono tradursi in collaborazioni o percorsi imprenditoriali;
  • Cambiano il mindset: chi parte torna più consapevole, flessibile, disponibile a mettersi in gioco.

In questo modo, queste esperienze preparano e motivano i giovani a tornare o a restare con uno sguardo internazionale, creando un ecosistema favorevole al rientro dei talenti.

Se vuoi scoprire di più sui progetti europei e sulle opportunità di studio e lavoro all’estero:

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