5 cose che rendono diverso il food marketing

Nutrirsi è un gesto quotidiano, nutrirsi “bene” sta diventando un must e raccontarlo è un’arte complessa. Il marketing nel settore alimentare presenta dinamiche peculiari che lo distinguono nettamente dalle strategie applicate in altri ambiti merceologici.

Nel mondo del food, il marketing non si limita a promuovere un prodotto: costruisce esperienze, richiama memorie, attiva emozioni profonde. Il prodotto non è solo il bene di consumo, ma diventa un vettore di valori attraverso cui raccontare una storia articolata in cui il legame con il territorio, la percezione di autenticità e la capacità di evocare esperienze diventano pilastri strategici. Comprendere e padroneggiare queste logiche richiede una preparazione specialistica e un approccio integrato, che unisca competenze di branding, comunicazione sensoriale, neuromarketing e analisi dei trend alimentari.

Il mercato online del Food & Grocery in Italia ha raggiunto un valore complessivo di 4,6 miliardi di euro nel 2024, con un incremento del 6,2% rispetto al 2023. È un settore in escalation che sta esprimendo un forte bisogno di profili qualificati per valorizzare le eccellenze territoriali e farle emergere nell’oceano di brand e prodotti che ogni giorno ci inondano di nomi e spot, ma spesso non di altrettanta qualità. Per questo motivo non basta applicare i principi del marketing al mercato agroalimentare. Nel nostro Paese in particolare, fare marketing nel settore food per sostenere la qualità e il posizionamento su piano globale, vuole dire operare come in una nicchia. Si tratta di un vero e proprio ambito specializzato, con le sue sfide e le sue regole.

Ecco i 5 aspetti che rendono il food marketing un mestiere a parte, e perché serve una formazione specialistica per esercitarlo con successo.

1. Il cibo non è un prodotto qualsiasi: l’aspetto emozionale è fondamentale

Nel marketing alimentare il prodotto è solo la punta dell’iceberg.

Non si vende solo un pacco di biscotti o un vasetto di marmellata, ma l’idea di casa, di tradizione, di gusto autentico. Il cibo attiva i sensi, ma anche i ricordi: è legato a gesti quotidiani, riti familiari, momenti di convivialità.

Il food marketing non lavora solo sulla qualità percepita, ma su desideri, abitudini e valori. Serve una comunicazione che coinvolga tutti i sensi e attivi i ricordi, ma anche una lettura del consumo che tenga conto delle leve che influiscono sul comportamento umano quando si prende una decisione.

Per questo, nel food marketing l’emozione evocata dall’esperienza è centrale. Il valore percepito di un prodotto dipende dal modo in cui riesci a raccontarne la storia, la provenienza, la cura con cui è stato realizzato. La bontà del prodotto non basta: serve una narrazione coerente, sensoriale, autentica.

2. Fiducia, trasparenza e sostenibilità sono elementi centrali del brand

In un mercato sempre più attento all’etica, all’origine delle materie prime e alla sostenibilità ambientale, il marketing agroalimentare ha una responsabilità in più: costruire fiducia. Secondo un’indagine condotta da Consumerismo No Profit, il 19% degli italiani cerca attivamente nei supermercati prodotti certificati sostenibili e il 66% ha incrementato l’attenzione verso questo tema.

Un processo di transizione “responsabile” in questo senso, da parte delle aziende, richiede quindi attenzione alla trasparenza nei confronti dei consumatori, sempre più attenti alla provenienza e al processo di produzione di ciò che acquistano.

Tracciabilità, certificazioni, filiera corta ed etichette trasparenti sono tutti elementi che entrano a pieno titolo nella strategia.

Gli italiani hanno acquisito una maggiore sensibilità non solo verso la questione ambientale, ma anche verso il greenwashing. Non basta dire che un prodotto è “naturale” o “sostenibile”, i consumatori ne vogliono le prove. Secondo uno studio condotto da Ipsos per Altroconsumo:

  • il 78% degli intervistati percepisce come “sostenibile” un prodotto se è stato prodotto risparmiando risorse naturali
  • il 70% associa la sostenibilità a una filiera corta, trasparente e tracciabile e al rispetto degli animali;
  • il 65% dà peso anche all’aspetto etico-sociale, cioè le garanzie per chi lavora nella produzione agroalimentare.

La sostenibilità, quindi, va dimostrata con dati concreti, scelte coerenti e una comunicazione chiara e senza ambiguità.

3. Il digitale funziona solo se conosci il territorio (e il tuo pubblico)

Il settore agroalimentare in Italia è fortemente legato al territorio. Il nostro Paese ha così tante differenze e peculiarità locali che utilizzare la comunicazione digitale nel food significa attuare strategie customizzate per aree e tipologie di target. Quando poi queste peculiarità vanno comunicate all’estero, la complessità comunicativa aumenta ed entra in gioco la capacità (quanto la creatività) nel saperle trasmettere ad altre culture, mantenendo i messaggi più autentici possibile.

Di fianco al legame col territorio e la tradizione, dobbiamo però fare attenzione al peso dell’influencer marketing. Sempre più persone oggi ripongono la propria fiducia nei messaggi ricevuti da questo canale: nel 2023 27 milioni di italiani – il 71% degli utenti social – seguivano almeno un food influencer sui social network, e il 46% degli intervistati da BVA Doxa ha acquistato prodotti consigliati da influencer o brand.

La ricerca di prodotti locali e genuini da un lato e l’influenza dell’arena digitale dei social network dall’altro ci raccontano pertanto un pubblico ed esigenze differenti, per territori, storie e gusti: per questo motivo servono strategie “glocal”, capaci di tenere insieme tradizione e innovazione, storytelling, performance digitali e cultura gastronomica.

4. Le parole hanno limiti e regole precise: attenzione a cosa si comunica

Il food è uno dei settori più regolati in assoluto. Quando si parla di alimentazione, non si può dire tutto.
I riferimenti a benefici per la salute, qualità nutrizionali, provenienza geografica, proprietà funzionali sono vincolati da norme stringenti.

Per fare un esempio, diciture come “rafforza le difese immunitarie” o “combatte l’infiammazione” sono indicazioni sulla salute, regolamentate dall’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA). Il loro impiego è permesso solo se l’effetto benefico sulla salute è dimostrato da dati scientifici generalmente accettati e se sull’etichettatura sono comprese informazioni ben precise, come la popolazione di riferimento, una dicitura relativa all’importanza di una dieta varia ed equilibrata e di uno stile di vita sano, un alert per chi dovrebbe assolutamente evitare l’alimento e altre indicazioni che non si possono dare per scontate o improvvisare.

Un copy sbagliato, in questo settore, non è solo poco efficace, ma rischia di essere fuorviante e creare all’azienda seri problemi legali per noncompliance con le normative in materia. Chi fa food marketing deve quindi conoscere il linguaggio ammesso, le norme su etichettatura e packaging e sapersi muovere tra creatività e regole normative.

5. È un settore dove tradizione e innovazione convivono davvero

Nel settore agroalimentare tradizione e innovazione non si escludono: coesistono, si contaminano, si arricchiscono a vicenda.

Da un lato, aziende con radici profonde, ricette autentiche e tramandate e un legame fortissimo con il territorio rappresentano una garanzia di qualità Made in Italy grazie alla loro storicità. Dall’altro, startup che utilizzano tecnologie all’avanguardia come intelligenza artificiale, e-commerce, tracciabilità tramite blockchain e agricoltura di precisione stanno entrando nel mercato con un occhio attento alle nuove esigenze dei consumatori.

Per chi vuole lavorare nel marketing agroalimentare, questo significa una cosa sola: bisogna saper parlare due lingue, quella della memoria e quella del futuro, raccontando due mondi che coesistono senza entrare in contrasto. Ma soprattutto, bisogna mettere le “mani in pasta”, collaborando con chi il settore lo vive ogni giorno.

Ecco perché in questo settore più che in altri è fondamentale affiancare a una formazione di tipo tradizionale esperienze di apprendimento “pratiche” e connesse col mercato di riferimento, direttamente in contesti che lavorano ogni giorno col prodotto, fianco a fianco con le imprese.

 

Il corso Tecnico superiore in Food Digital Marketing & Export Management dell’ITS Academy Agroalimentare di Mantova nasce proprio con questo obiettivo: creare professionisti con specifiche conoscenze delle eccellenze agroalimentari del territorio e in grado di costruire piani di marketing strategico e operativo unendo competenze digitali e consapevolezza del cambiamento sociale, grazie a una formazione pratica, esperienziale e connessa con il tessuto produttivo del territorio.

Un settore che si muove alla velocità della luce necessita di tecnici in breve tempo. In soli due anni, tempo necessario per approfondire ogni aspetto ma che permette di entrare nel mercato del lavoro in tempi relativamente brevi, il corso ITS offre una formazione specializzata e accessibile a chiunque, permettendo alle aziende del territorio di formare le figure richieste direttamente sul campo grazie alle 800 ore di stage, corrispondenti al 40% della durata totale del corso.

Infine, se parliamo di Made in Italy non possiamo ignorare l’importanza dell’export: per valorizzare il prodotto bisogna conoscere il mercato di riferimento, gestire le relazioni commerciali, individuare le strategie di internazionalizzazione e redigere un piano di marketing per il raggiungimento degli obiettivi aziendali. Per questo motivo, la figura formata dal corso ITS conosce le procedure fiscali e logistiche dell’export, ma è anche in grado di formulare un modello di business e di marketing che sappia sfruttare le possibili leve di differenziazione, come le certificazioni di prodotto e l’attenzione all’economia circolare.

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