Markus Persson, Jens Bergensten, Jamie Toghill. Cosa vi dicono questi nomi?
Se la risposta è “niente”, forse non sapete di conoscerli meglio di quanto crediate: si tratta, infatti, degli sviluppatori di Minecraft e FIFA, due videogiochi che ogni appassionato/a ha incontrato nella sua carriera da gamer.
Se andaste a curiosare tra le biografie di questi soggetti, scoprireste che Persson ha programmato il suo primo videogioco a soli sette anni, Bergensten a undici. Se da un lato si tratta indubbiamente di intelligenze fuori dal comune, dall’altro oggi nessun bambino di quell’età, qualunque sia il suo QI, potrebbe programmare un videogioco all’altezza degli standard attuali. Perché?
Perché gli strumenti sono diventati più complessi e le competenze necessarie molto più specializzate.
Per diventare un game developer, al giorno d’oggi, serve conoscere i principali linguaggi di programmazione, l’inglese, la matematica e la fisica, oltre a padroneggiare strumenti di Intelligenza Artificiale, ormai del tutto integrati nel flusso di lavoro dello sviluppatore e imprescindibili in termini tanto di programmazione quanto di user experience.
Cosa cambia l’AI e come lo fa
Le recenti rivoluzioni introdotte dall’Intelligenza Artificiale riguardano il sempre più vasto uso del Deep Learning, sottocategoria del più ampio Machine Learning (ML). Il ML si basa sull’aggregazione di una grande quantità di dati, su cui applica un modello statistico per calcolare quanto spesso un determinato dato è associato a un altro, così da perfezionare l’algoritmo e far sì che a un determinato input esso risponda con l’output più adeguato – che, in questo caso, vuol dire statisticamente probabile.
Il Deep Learning arricchisce il modello statistico con un’ulteriore dimensione, addestrandolo su numerosi livelli computazionali (layers) che formano le cosiddette reti neurali, ossia algoritmi progettati per imitare il funzionamento del cervello umano. Queste reti sono composte da strati di neuroni artificiali collegati tra loro, che elaborando e analizzando grandi quantità di dati riescono a identificare schemi complessi, estrarre caratteristiche, funzioni e relazioni necessarie per ottenere risultati accurati e compiere previsioni su nuovi dati. Il processo può essere riassunto in cinque passaggi chiave:
- Raccolta dati: i dati grezzi vengono raccolti e ne vengono estratte le caratteristiche principali;
- Costruzione della rete neurale: si progetta una rete neurale con diversi strati, ciascuno dei quali contiene neuroni artificiali che eseguono calcoli matematici;
- Addestramento: la rete viene addestrata utilizzando un set di dati, su cui impara a minimizzare l’errore tra le sue previsioni e i risultati reali;
- Validazione e test: la rete viene validata e testata su nuovi dati per garantire che funzioni, così da evitare il problema dell’overfitting, dove la rete si adatta troppo strettamente ai dati di addestramento;
- Ottimizzazione: vengono applicate tecniche di ottimizzazione (es. il perfezionamento dei parametri di addestramento) per migliorare ulteriormente le prestazioni della rete.
Cosa c’entra con il gaming?
L’industria dei videogiochi è stata una dei settori più colpiti dalla diffusione del Deep Learning, che ha consentito di creare algoritmi molto sofisticati e trasformare l’esperienza di gioco in modi mai visti prima. Attraverso l’analisi dei dati dei giocatori, l’AI garantisce una maggiore personalizzazione suggerendo contenuti, adattando i livelli di difficoltà e abbinando giocatori di pari livello, ma anche di creare Personaggi Non Giocanti (NPC) più realistici e imprevedibili, che interagiscono con il giocatore e con l’ambiente in maniera dinamica e naturale, anche grazie a una migliore capacità di riconoscimento e sintesi vocale. Infine, il deep learning è utilizzato anche per rilevare comportamenti sospetti e identificare i giocatori che utilizzano trucchi o hack, mantenendo l’integrità del gioco e garantendo un’esperienza equa per tutti.
Al contempo, l’impatto dell’AI ha rivoluzionato anche il lavoro degli sviluppatori, che hanno potuto automatizzare funzioni manuali altrimenti intensive, come la generazione procedurale di contenuti di gioco come mappe, livelli e missioni, che acquisiscono adesso livelli di dettaglio senza precedenti, e la produzione di grafiche realistiche, creando esperienze di gioco uniche e alleviando il carico computazionale grazie a tecniche come il rendering basato su reti neurali.
L’AI diventa quindi una compagna per lo sviluppatore di videogiochi: se da un lato lo “sostituisce” nello svolgimento di mansioni che richiederebbero un lavoro manuale intensivo, dall’altro non può prescindere dalla guida di una mente umana, che la programma e la direziona per ottenere il risultato desiderato, alleviando il proprio carico di lavoro manuale e ripetitivo e liberando tempo ed energie per quelle funzioni prettamente umane, come la creatività e lo storytelling, che fanno realmente la differenza in un’esperienza di gioco.
In questo senso, l’AI non “ci ruberà il lavoro”, ma anzi ci aiuterà a gestire in maniera più efficace ed efficiente l’impiego delle nostre risorse. Perché questo succeda, però, è imprescindibile conoscerla e governarla. Per fare ciò, due dei corsi Post Diploma Ifoa 2024/25 sono dedicati proprio all’Intelligenza Artificiale e alla sua applicazione nell’industria del gaming: il corso Junior AI and Machine Learning Specialist mira a formare esperti specializzati nel campo dell’AI e nel suo uso creativo, mentre il Full Stack Game Developer declina l’utilizzo di questa tecnologia nella realizzazione di applicazioni e giochi attraverso i più recenti strumenti di AI assistance.