Lo sviluppo di nuove professioni e il cambiamento del mercato, che vedrà la nascita nei prossimi 3 anni di oltre 133 milioni di nuove occupazioni, sono il risultato di un processo di evoluzione tecnologica e di un susseguirsi di eventi storici che hanno cambiato la mentalità della società.
Il Presidente della Commissione Europea, Ursula Von Der Leyen, nel mese di settembre 2022 ha dichiarato il 2023 “l’Anno Europeo delle Competenze”: perché dare questa definizione? Nasce dall’esigenza di incoraggiare i giovani a mettersi in gioco, aprire le porte a nuove opportunità, esperienze lavorative e creare la propria crescita professionale. Sarà infatti questo l’anno in cui lavoratori e lavoratrici dovranno aprirsi a nuove professioni e riqualificarsi nel lavoro.
Lo sviluppo digitale ha dato il via a un processo di accelerazione che ha messo in evidenza sia l’esigenza per le aziende di trovare profili qualificati con specifiche competenze sia l’esigenza dei lavoratori di doversi formare (upskilling) di fronte a un cambiamento delle professioni. Molte “vecchie” professioni hanno dovuto reinventarsi per restare al passo con una realtà che cambia a una velocità insolita rispetto al passato. Un esempio è proprio la figura del giornalista e la nascita di una nuova professione: il Data Journalism. Il Data Journalism non è altro che il giornalismo fatto di dati ed è la fine del “sentito dire” e delle notizie non verificate. È la conseguenza di un nuovo mondo accessibile a un incredibile quantità di dati (Big Data) che la rivoluzione digitale ci ha messo a disposizione.
Per capire a fondo questo cambiamento abbiamo voluto intervistare Enrico Bergianti, giornalista freelance e docente, e Silvia Ciampa, Head of brand di KPI6 di Reggio Emilia, esperta di comunicazione.
Cosa accomuna e differenzia la figura del giornalista tradizionale con quella del Data Journalist?
Bergianti: “I punti in comune tra queste due figure sono tanti, più di quanto possa sembrare. Il Data Journalist è un giornalista specializzato nello scrivere notizie e storie che fanno largamente uso di dati e di numeri e ha le competenze per trasformare dati in grafici, infografiche e mappe. Il data Journalist ha le competenze per interpretare report complessi e sa come pianificare un’indagine originale organizzando autonomamente i dati”. Per quanto riguarda i punti in comune: “Il Data Journalist rimane sempre un giornalista e deve saper utilizzare i numeri e i grafici al fine di scrivere una storia, organizzare una narrazione interessante e utile per i lettori”. il giornalista, cosi come il Data Journalist deve essere sempre curioso e critico, mantenersi aggiornato sull’attualità e sulle notizie, e mantenere una spiccata voglia di approfondire e di conoscere”.
Ciampa: “Accomuna prima di tutto la voglia di News, ma molti giornalisti tradizionali non si aggiornano sotto alcuni punti di vista. Da 14 anni, quando è arrivato Facebook in Italia, è iniziato il grande cambiamento. La notizia non è solo quella che viene raccontata dal giornalista tradizionale, ma la notizia oggi è anche quello che pensa l’utente e l’attenzione verso quest’ultimo è proprio ciò che determina il Data Journalist. Il Data Journalist non è legato solo alle informazioni dai social, ma è tutto quello che è dati, statistiche e che arricchisce una notizia con altre notizie presenti sul web. In breve il tradizionale è la notizia, il giornalismo moderno sono le altre informazioni e dati che arricchiscono quella notizia”.
Qual è stato il tuo percorso di studi per arrivare a ricoprire il tuo ruolo attuale? Quanto è importante aggiornare le proprie competenze?
Bergianti: “Dopo la maturità scientifica ho conseguito la laurea magistrale in filosofia all’Università di Bologna, con una tesi in storia della scienza. Questo filone di ricerca mi ha portato poi ad iscrivermi al Master in comunicazione della Scienza della SISSA di Trieste e da questa esperienza ho iniziato a lavorare come giornalista free lance”. Ci ha spiegato come non si smette mai di formarsi, principalmente in due direzioni “una formazione istituzionale, con corsi e percorsi formativi certificati – i giornalisti iscritti all’albo sono obbligati a seguire corsi di formazione organizzati – e una formazione “informale” ma altrettanto cruciale: leggere molto, ascoltare podcast, ascoltare la radio, guardare film e serie tv: devi essere sempre affamato di storie”.
Ciampa: “Attualmente mi occupo di comunicazione, ma il mio percorso ha avuto inizio dal mondo della moda, in particolare mi sono spesso focalizzata nell’analizzare le tendenze in relazione ai consumi.” e aggiunge: “Quello che fa la differenza è quanto tu hai voglia di studiare e stare sulla tendenza. Seguire i social in modo analitico, leggere, informarsi sono alla base della formazione della figura del giornalista”.
Quale percorso consiglieresti a un giovane che desidera lavorare in questo settore?
Bergianti: “Ho lavorato con giornalisti provenienti dalle formazioni universitarie più disparate, mi sento di dire che al di là della formazione universitaria, che appunto può essere varia, consiglierei dei percorsi di formazione specifici sulla comunicazione e sul giornalismo, come master annuali o biennali, ma anche corsi di formazione più brevi e mirati per poter ottenere delle competenze teoriche di base che contraddistinguono la comunicazione e in particolare la professione giornalistica. E sottolinea: “Credo che i corsi mirati siano fondamentali per capire in primo luogo l’etica di questo mestiere, le norme deontologiche e far capire cosa vuol dire fare informazione oggi”.
Ciampa: “Quello che è necessario è saper scrivere e un percorso universitario può essere d’aiuto per una cultura generale, in particolare in ambito umanistico. Quello che il giornalista moderno deve capire è che non può fare solo il giornalista, deve essere una figura dinamica, sapersi adeguare al cambiamento e avere competenze trasversali, ad esempio come video maker per una maggiore flessibilità nella pubblicazione della notizia. Il giornalista è la persona presente in tutto quello che è la notizia”.
Molto probabilmente la figura del Data Journalism si affermerà sempre più come un modo scientifico e indispensabile per conoscere la nostra società e divulgarne gli eventi salienti e in futuro l’informazione sarà sempre più attinente alla realtà perché basata su dati, statistiche, senza però dover rinunciare alla componente umana di analisi e riflessione sulla complessità del mondo.
Attualmente l’evoluzione tecnologica e l’importanza verso la sostenibilità impongono alle aziende di dotarsi di figure professionali altamente specializzate, ma le imprese stanno incontrando serie difficoltà nel reperirle. La fotografia attuale racconta che oltre ¾ delle imprese dell’UE faticano a trovare lavoratori qualificati: infatti solo il 37% dei professionisti ha l’abitudine ad aggiornarsi con corsi di formazione. Se si guarda nello specifico all’Italia solo 6 professionisti su 10 hanno competenze digitali. La soluzione che alle aziende appare al momento più plausibile percorrere è che se le hard skills risultano introvabili, bisogna lavorare sui profili già presenti in azienda per poterli potenziare, attraverso percorsi di formazione specifici.